Gli alberi sono degli esseri viventi straordinari ma estremamente complessi. Devono provvedere da soli e nello stesso momento al loro sostentamento, alla loro stabilità, a “riparare” le ferite oltre che alla loro riproduzione.
Tutto questo senza muovere un passo! Nonostante questo, comunicano tra loro, la parte aerea si muove alla ricerca della luce, per non parlare di quel silenzioso, invisibile e magnifico strisciare delle radici alla ricerca di acqua e sostanze nutritive e al fine di ancorare la pianta al suolo, dentro il quale incredibili relazioni si intessono tra radici e funghi. All’interno della pianta poi altrettanto invisibili flussi di linfa grezza ed elaborata si muovono costantemente dalle radici alla periferia e viceversa, seguendo la richiesta di nutrienti di ogni parte della pianta, ogni “albero nell’albero”, e le fasi vegetative.
Hanno molto da insegnarci e hanno molto da rimproverarci. E quando l’essere umano pensa di ergersi al di sopra della natura, gli gioverebbe pensare che con tutta la sua tecnologia non potrà mai fare quello che non solo gli alberi, ma anche il più umile filo d’erba di scarpata ferroviaria riesce a fare: la fotosintesi, nutrirsi solamente di luce, anidride carbonica e acqua per produrre ossigeno e zuccheri.
Intervenire su un albero non è facile e non si può improvvisare
Tutto questo è solamente una minima parte di quello che sono gli alberi e di quello che succede al loro interno e intorno ad essi ma ci serve per dire che intervenire su un albero non è facile e non si può improvvisare. Chiunque può noleggiare un cestello e accendere una motosega, basta che abbia il pollice opponibile, ma la differenza tra un arboricoltore e chiunque è l’abisso che separa il curare una pianta e l’ottenere un disastro irrimediabile. Purtroppo siamo ormai abituati alla vista delle piante capitozzate nelle nostre città, e anche all’interno di pratiche tanto abominevoli non si è ancora capito che la capitozzatura non è solamente l’orrendo taglio di porzioni enormi di rami o di tronco, ma ogni taglio internodale che non tenga conto dell’architettura della pianta.
UN ALBERO CAPITOZZATO HA UN FUTURO DI GESTIONE PROBLEMATICO
Una strada in salita sotto tutti i punti di vista:
perché bisogna intervenire con frequenza per riportare la pianta a condizioni accettabili
perché la compartimentazione di grosse ferite da parte dei tessuti è difficile e rappresenta una facile via d’accesso per funghi cariogeni. Non solo, ma ora la pianta investirà tutte le energie per riprodurre la chioma che le è stata sottratta, e potrà investirne meno per reagire all’attacco di patogeni
perché oltre al rischio di carie già citato, i nuovi rami generati in corrispondenza dei tagli nasceranno da gemme avventizie e non avranno le caratteristiche di solidità che l’architettura originaria della pianta offriva, rappresentando facili punti critici per possibili cedimenti. Inoltre molta della sua elasticità è andata perduta con la rimozione delle fronde, ora scaricherà tutto l’impatto del vento sulle radici che, per adeguarsi alla capitozzatura, tenderanno invece a ridursi…un bel circolo vizioso, no?
perché la nuova chioma sarà disordinata, completamente diversa da quel magnifico equilibrio di una chioma sana. La pianta si trova improvvisamente senza più gemme e germogli e ricaccerà numerosissimi rami per sopperire al rischio della mancanza di nutrimento
perché l’albero tenderà comunque a produrre una chioma delle vecchie dimensioni
"Gli alberi non sono un pezzo di legno che possiamo modellare a nostro piacimento"
A. Shigo
Più volte rimaniamo incantati alla vista delle chiome degli alberi che danzano nel vento. Ogni volta che mettiamo le mani su un albero andiamo a intervenire su questo perfetto equilibrio di stabilità, e sta a noi seguire quell’equilibrio o stroncarlo. E’ questo il senso della frase di Shigo, il padre della moderna arboricoltura: gli alberi non sono un pezzo di legno che possiamo modellare a nostro piacimento. Tutto quello che facciamo avrà delle conseguenze, bisogna conoscerle, intervenire solo quando c’è bisogno e nella maniera meno impattante possibile sul futuro della pianta.
Il Tree Climbing
Nasce negli Stati Uniti verso la metà del secolo scorso. Col passare degli anni la sua diffusione è avvenuta rapidamente in Europa e quindi in Italia, soprattutto dagli anni ’90 in poi contemporaneamente con le moderne tecniche di arboricoltura, il cui “padre” indiscusso è Alex Shigo. Negli ultimi anni la diffusione del tree climbing è divenuta quasi “contagiosa”, assieme a nuove attrezzature e nuove tecniche che hanno reso questa pratica sempre più efficace e sicura e sempre meno usurante per l’operatore. Attraverso quest’ insieme di tecniche è possibile l’accesso, la movimentazione e tutte le fasi lavorative in pianta mediante l’utilizzo di funi, imbragature, discensori e altre attrezzature, tutte debitamente testate e certificate per il lavoro in quota.
Potenzialmente, non esiste limite di altezza dell’albero né di espansione o densità della chioma per un tree climber, cosa che invece avviene per le piattaforme di lavoro elevabili (comunemente detti cestelli). Infatti per tali macchinari ci sono limiti di altezza ma soprattutto di accessibilità sia all’interno della chioma, sia all’interno di molti giardini in cui gli alberi sono radicati.
Detto ciò, piattaforma e lavoro in tree climbing devono essere complementari per la gestione degli alberi, giacchè per alcune piante è molto più agevole e veloce intervenire in piattaforma, per altre invece è possibile solamente operare in fune. L’arboricoltore professionista sa avvalersi del giusto strumento per ogni tipo di albero.